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Storie d'altri tempi

Dagli archivi: 

vocazioni adulte di vedovi

di Antonio Tripodi

   A chi sfoglia con interesse i protocolli notarili del passato si rivelano alcuni aspetti ignoti o non molto noti della vita religiosa dell'età moderna.

   Sorprendenti possono essere gli interventi di sacerdoti ai contratti nuziali di ragazze che erano loro legittime figlie, riguardo alle quali si premuravano di precisare che erano nate "in costanza di matrimonio" con le defunte loro legittime mogli.

   Si apprende che in Tropea nel '600 erano il suocero ed il genero ed il figlio di quest'ultimo a svolgere contemporaneamente il ministero sacerdotale, e che il vescovo della diocesi era un giureconsulto napoletano entrato all'età di quarantaquattro anni nella vita ecclesiastica dopo essere rimasto vedovo con cinque figli.

   Nel '700 a Monteleone erano sacerdoti il dr. Antonino Pittarelli, originario di Francica e quindi discendente dal'omonima poetessa Edvige, ed il figlio Nicola.

   Si inizia col sac, Alvaro Nicoletta, che il 20 dicembre 1550 prendeva parte al contratto di matrimonio della figlia donna Giulia col concittadino Geronimo Delduce. In un istrumento dell'1 maggio 1553 il detto sacerdote era indicato canonico della cattedrale di Tropea.

   Nella Vicina Ricadi, il 21 marzo 1553 il sac. Colamasio de Palo procedette alla divisione dei beni alle figlie donna Isabella e donna Melania, sposate una con Francesco (de) Portogallo e l'altra col nobile Tullio Cupito, entrambi compaesani.

   Pure in Ricadi, il 14 gennaio 1562 si costituì il sac. Bernardo Tigani di Polistena, padre di Maso e Giulia, nati dal matrimonio con la defunta donna Ippolita Mazza.

   Lo stesso anno, il 2 agosto 1562, in Tropea fu stipulato il contratto nuziale tra Giannandrea Mirabello, figlio dell'abate Decio, e la magnifica Diana Pugliese.

   Sul finire del '500 o più probabilmente agli inizi del '600, rimasto vedovo con due figli Francesco Tassone di Ciano vestì l'abito sacerdotale. Il figlio Fabio fu padre dell'abate Consalvo, e Giovandomenico divenne un noto giureconsulto del foro di Napoli, dove pubblicò due libri di argomenti giuridici, uno nel 1616 e l'altro l'anno successivo.

   Si presentò in Monteleone il 3 febbraio 1642 suor Camilla Ferrante, terziaria francescana, per l'eredità del parente sac. Geronimo Martelluzzo morto in Seminara nel mese di dicembre 1641. La richiedente, anche lei di Seminara, dichiarò di essere parente in settimo grado civilmente ed in quarto canonicamente, perché la defunta Giulia Potamia sua madre era congiunta di Caternella Potamia defunta moglie del sac. Martelluzzo, dai quali era nato un figlio chiamato Giannantonio.

   Padre del chierico Francesco de Tocco era l'abate Geronimo, canonico della cattedrale di Tropea, vivente il 27 dicembre 1647.

   Il sig. Giacomo de Tocco si fece  sacerdote dopo la morte della moglie sig.ra Laura Marzano, tra i quali era stato stipulato il contratto nuziale nel 1622. I nipoti del già morto abate Giacomo, sig. Antonio e chierico Carlo, e sig.re Marianna e Caterina, figli del figlio sig. Francesco e della sig.ra Ippolita Protospataro, il 30 marzo 1688 sistemarono una pendenza per alcune somme dovute ai parenti Signoretta.

   Il 31 luglio 1673 in Tropea si costituirono il sac. Matteo Marzano e le figlie nubili Lucrezia e Caterina nate dalla defunta Antonia Pettinato. Non è dato sapere se Lucrezia nel frattempo si era sposata o era morta, perché nel 1682 il padre e la figlia Caterina si erano trasferiti a Napoli, dove erano ancora residenti nel 1691.

   Non dovevano nuotare nell'abbondanza, se il 3 aprile 1697 il rev. Matteo e l'ancora nubile Caterina dovettero contrarre un debito di 100,00 ducati "in nome di vero e puro mutuo gratis gratia" da Alessandro Pelliccia, onde potessero alimentarsi in quell'annata di carestia. Il padre e la figlia il 22 gennaio 1702 "per causa dell'antiche parentele che vi sono fra di loro" cedettero al sig. Orazio Toraldo fu Giambattista il compatronato della famiglia Tavuli nella chiesa cattedrale di Tropea.

   Vedovo di Lavinia Lavagna era il sac. Gianfrancesco Solari. La figlia, della quale nel testamento del 4 settembre 1674 non era stato indicato il nome, era vedova di Antonio Solari certamente parente. Sia i Solari che i Paravagna ed i Lavagna erano mercanti genovesi, trasferitisi in Monteleone per ragioni dei loro affari.

   Si costituì in Monteleone il 19 novembre 1677 Diana Pizzimenti, vedova di Francesco Tomarchelli del casale di Serrata, figlia "nata in costanza di matrim(oni)o" del sac. Antonino Pizzimenti.

   Continuiamo una rassegna di vicende di adulti sposati, che rimasti vedovi, sono diventati sacerdoti. Dal testamento del canonico penitenziere della Cattedrale di Tropea, Scipione Barone, datato 18 gennaio 1694, apprendiamo che divenne ecclesiastico dopo essere rimasto vedovo della sig.ra Isabella Barone, nominò eredi i nipoti chierici Francesco e Scipione, divenuto sacerdote, figli della figlia Faustina e del sig. Giuseppe Barone.

   Anche Antonio Pittarelli di Francica, trasferitosi a Monteleone, divenne sacerdote dopo essere rimasto vedovo di Cecilia Alessandria. Morì il 25 marzo 1764 e fu sepolto nella chiesa di Santa Maria de Iesu del convento dei Minori Osservanti. Nell'atto di morte un lapidario "iam uxoratus" ricorda a noi posteri che era stato sposato. Ma la storia non finisce qui, il figlio, Nicola si fece sacerdote, ed il 18 luglio 1732 fu investito dei benefici delle chiese di San Giovanni elemosiniere di Roccella, di San Salvatore in Castelvetere e di San Michele degli Amolcisi di Gerace.

   Ed è anche una storia alquanto inusuale quella riportata dal Bisogni nell'Historia di Monteleone, data alle stampe a Napoli nel 1710. Senza indicazioni di date, lo storico scrisse che un rampollo della distinta famiglia Attisani (o Attisano) di Monteleone, di nome Alessandro, entrò nei Crociferi e morì a Genova in odore di santità. Quando ancora viveva nel secolo, il religioso aveva avuto un figlio del quale si ignorava il nome di battesimo. Questo, insieme ad un suo compagno fondarono l'eremo di Santa Maria di Portosalvo dove vissero santamente da eremiti.

   Vicende di "vocazioni adulte" racconta anche l'illustre famiglia dei Paparo. L'ingresso di Emanuele Giuseppe Paparo (Monteleone, 1778-1828) nella vita ecclesiastica avvenne all'età di trentotto anni. Nato da Pasquale, decoratore, e da Eufrasia Zecca figlia del pittore Domenicantonio, fu ordinato sacerdote il 16 maggio 1818 quando si avviava a compiere i quaranta anni. Nella chiesa parrocchiale di Santa Maria del soccorso, retta dalla congregazione dei Filippini alla quale aveva aderito, il 7 luglio 1818 benedisse le seconde nozze dei vedovi Pasquale Paparo suo padre e Gabriella Andreacchio. Pittore, e maestro ed ispiratore di altri pittori, fu anche versato nelle lettere. Lasciata la congregazione dei Filippini per poter assumere l'incarico di maestro di disegno, continuò ad indossare l'abito fino alla morte che lo raggiunse il 6 settembre 1828.

   Diversi vedovi, divenuti poi sacerdoti, furono chiamati addirittura all'episcopato. Sulla cattedra episcopale di Tropea sedettero tre vescovi che avevano scelto lo stato clericale dopo essere rimasti vedovi. Il primo fu Giovanni Poggi, nato a Bologna il 26 gennaio 1493, che prese possesso nel 1541. Nominato cardinale dieci anni dopo, rinunciò il 6 febbraio 1556 alla diocesi in favore del nipote Gianmatteo De Luca, e morì sei giorni dopo nella sua città natale. Il successivo fu Felice De Rossi, avvocato nativo di Troia in Puglia. Rimasto vedovo di Lucrezia Gallucci, il 28 gennaio 1566 rinunciò alla professione forense che esercitava in Napoli ed entrò nella vita ecclesiastica. E l'11 luglio dello stesso anno fu elevato alla cattedrale vescovile di Tropea.

   Nel mese di luglio 1681 fu destinato Geronimo Borgia, nato a Napoli il 24 gennaio 1633, giureconsulto del foro della sua città, ordinato sacerdote il 12 giugno 1677 all'età di quarantaquattro anni, dopo la morte della moglie Giuseppa Gueres Sotomajor dalla quale aveva avuto cinque figli. Nella diocesi di Tropea arrivò il 12 gennaio 1682, ed in sede morì l'11 ottobre 1683 e fu sepolto nella tomba dei vescovi nel coro della cattedrale.

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